Alan Ayckboun (Londra, 12 aprile 1939) è l’autore più rappresentato dalla nostra Compagnia; con Family Circles siamo infatti al quinto allestimento di testi del commediografo inglese. Chi ci segue da tempo ha così avuto modo di assistere ad opere molto divertenti che, attraverso la presentazione di temi tragicomici – centrati sulla generale incapacità, per uomini e donne, di vivere insieme – si rifanno alla classica farsa all’inglese confezionata però con la volontà di sperimentazione del tempo e dello spazio scenico. Quasi ogni testo contiene anche un gioco sul teatro, una scommessa che porta l’autore a spingersi costantemente ai limiti del teatro stesso. Solo per rifarci ai nostri lavori precedenti: Confusioni (allestimento del 1990) alterna una serie di atti unici eterogenei come tono ma collegati da certi personaggi curiosamente ricorrenti; Camere da letto (1995) interseca le storie di quattro coppie che si svolgono contemporaneamente in tre camere da letto, tutte visibili sulla scena; in Sinceramente bugiardi (2000) una coppia di giovani ed una di coniugi maturi sono travolte da un tourbillon incredibile di malintesi ed equivoci esilaranti; In cucina (2003) ambienta il tradizionale cenone natalizio in tre anni successivi, a turno nelle abitazioni delle tre coppie protagoniste e sempre “spiato” dalla cucina. Pure Family Circles entra, come vedremo, a pieno diritto in questo quadro anche se le battute diventano più caustiche, più graffianti, in un gioco al massacro che si tinge anche di giallo.
La persona con la quale decidi di dividere la tua vita, inevitabilmente, si rivela la peggiore scelta possibile. (Edward)
Quest’opera nasce nel 1970 con il titolo The story so far…, successivamente diventa Me Times Me Times Me, e solo nel 1978 ne viene presentata una rielaborazione molto più complessa – e più tipica della scrittura di Ayckbourn – con il titolo definivo di Family Circles. Ed è proprio questa che abbiamo utilizzato, tramite la traduzione della nostra attrice Valentina Ferraro poiché, in italiano, era disponibile solo la traduzione di una delle prime stesure, con il titolo Festa in famiglia.
In una calda giornata estiva la famiglia Gray si riunisce per festeggiare il trentaduesimo anniversario di matrimonio tra Emma ed Edward . Le tre figlie Jenny, Polly e Deirdre – con i loro rispettivi compagni – alterneranno,
durante l’ora del tè o al rientro dalla tanto attesa “festa”, dubbi e rancori che da sempre pervadono la loro famiglia. Continui litigi e scontri verbali saranno il refrain che guiderà le tre sorelle lungo l’indagine intrapresa nel tentativo di fare chiarezza sul rapporto che lega i loro genitori: saranno veri i sospetti di un vicino che racconta di aver assistito ad un preoccupante episodio in cui entrambi sono stati coinvolti? In un crescendo di discussioni e recriminazioni, sempre caratterizzate da uno spiccato humour inglese, affiorerà un impareggiabile e godibile “gioco al massacro”. Ogni singolo personaggio si arricchirà, scena dopo scena, di aspetti più profondi del suo carattere, facendo luce su vecchi rancori mai sopiti, segreti e desideri mai realizzati, mostrando però come, in mezzo ai litigi e alle urla, ci sia posto, da ultimo, anche per l’affetto reciproco, forzatamente nascosto.
Fin qui tutto abbastanza “normale”. Ma ciò che fa di Family Circles una commedia spiccatamente ayckbuorniana è che, per rispondere alla domanda su cui si basa l’intreccio di queste commedia: “che cosa sarebbe successo se avessi sposato qualcun altro?”, Ayckbourn, con una trovata geniale (presente solo nella stesura definitiva da noi adottata), all’inizio di ogni scena presenta le coppie combinate in modo diverso, pur mantenen do ciascuno il proprio personaggio. La risposta rimarrà in sospeso (o potrebbe ricondursi alla battuta di Edward sopracitata), anche se alla fine della rappresentazione avremo visto tutte le nove possibili varianti delle tre coppie, riassunte da ultimo in un vero tourbillon di continui cambi – scambi – giochi – scontri, intavolati all’interno di un gioco delle coppie, ritratto di famiglia alquanto ingarbugliato ma al contempo realistico.