Lo spettacolo mette in scena tre racconti di Barlocco: nel primo è l’autore stesso a raccontare la sua vita in una conversazione con un amico psichiatra; il secondo e il terzo costituiscono due narrazioni straordinarie in cui l’autore dimostra tutto il suo talento e la sua visionarietà e richiedono, agli attori impegnati, una grande prova interpretativa.
Marcello Barlocco, genovese nato nel 1910 e scomparso nel 1969, pur nelle difficoltà di una vita vissuta tra gli eccessi e, per lunghi periodi, anche tra le mura di un manicomio criminale, seppe incarnare da vicino la figura dell’artista totale, essendo non solo scrittore ma anche giornalista, attore ed autore di teatro (nota la sua collaborazione con Carmelo Bene che lo definì un folle straordinario… ) e pittore. Una personalità ribelle ed affascinante che in due periodi toccò anche Carcare. “Qui a Carcare, in un periodo precedente alla guerra, Barlocco ebbe una farmacia – ricorda il regista Aldo Meineri – e poi vi tornò per un’estate nel 1965, quando già era uno scrittore affermato, per dipingere, lasciando un segno indelebile su tutti coloro che lo conobbero. E poi, a Carcare, ambientò anche il suo romanzo “Veronica, i gaspi e Monsignore”.
La sua esperienza isolata, burrascosa e anticonformista, portò alcuni a considerarlo come un nuovo Dino Campana o François Villon. Altri critici e studiosi hanno fatto raffronti con Edgar Allan Poe o, forse un po’ impropriamente, con Franz Kafka.